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10 febbraio 2012
Viaggio nella parola: storia del pistacchio (Va parte)

A riprova della diffusione o quantomeno dell'importanza della coltivazione della Pistacia vera nelle aree un tempo colonizzate e occupate dagli arabi (e dai berberi islamizzati) vi è la contestuale presenza dei termini di origine araba indicanti sia la pianta che il frutto. In Sicilia, infatti, il termine adoperato per indicare la Pistacia vera, la cui coltivazione è tuttora presente nell'area etnea in provincia di Catania (Bronte, Adrano e Biancavilla), non è di diretta derivazione latina, come nel resto della penisola, ma è un evidente arabismo con semplice spostamento dell'accento rispetto all'arabo classico: fastùca/frastùca (fistuca/fistugra nel siciliano medievale del XIV sec.) n"albero e frutto del pistacchio" e i derivati fastucata "confezione di pistacchi", fastuchera "luogo piantato a pistacchi", fastuchinu "sorta di colore verde chiaro, simile al color del pistacchio", fastucaru "custode della pistacchiera" (il lemma è presente anche come toponimo: Le Fastuche, la Pastuchera, Fastuchiera, 'u Fastuchitu, ecc.). In area iberica, invece, è interessante notare come al declino della coltivazione della Pistacia vera si sia accompagnato anche un vero e proprio oblio dei termini (di origine araba) un tempo corrispondenti alla pianta e al frutto: all'antico castigliano alfóstiga e alfoztec sono succeduti i termini castigliani moderni alfóstigo, alfó(n)cigo e alhóncigo (con sovrapposizione del nome proprio Alfonso) e quelli portoghesi moderni alfóstico, alfóstigo e alfostigueiro, che contengono, oltre all'articolo arabo agglutinato al-, anche il suffisso attributivo romanzo +iko. Forme diverse (prive dell'articolo agglutinato), indicanti però sempre l'"albero e il frutto del pistacchio", sono presenti invece nel catalano fastuc (1a documentazione 1389), festuc (1a documentazione 1249) e fostuc e nel portoghese fóstico; come pure nel catalano fustet e nei suoi derivati, come il castigliano e il portoghese fustete, indicanti però un'altra Anacardiacea simile nell'aspetto al pistacchio, lo scotano o albero della nebbia (Rhus cotinus, anche noto come Cotinus coggygria): questa pianta, il cui legno in passato era adoperato per tingere di giallo, era nota anche in Italia con il nome di fustetto giovane e nell'antico francese come fustoc, da cui passò poi nel medio inglese young fustic e successivamente nell'inglese americano come old fustic per indicare una nuova specie autoctona delle Americhe (dal Messico all'Argentina), la Maclura tinctoria (nota anche come Chlororophora tinctoria) che dà un colore kaki più forte ed appartiene ad un'altra famiglia (quella delle Moraceae). Tutti gli arabismi indicanti il pistacchio sono però da considerarsi attualmente desueti e arcaici, probabilmente a seguito della scomparsa della coltivazione locale della Pistacia vera, e nelle lingue romanze sono prevalsi da tempo (probabilmente già nel XVII sec. quando, a seguito dell'espulsione dei moriscos dalla Spagna del 1609-1614, si ebbe un periodo di crisi del settore agricolo per l'improvviso calo del numero e della qualità tecnico-specialistica dei coltivatori) voci oggi correnti quali pistacho, pistache e pistachero (castigliano) pistacho (galego), pistache (portoghese) e pistatxo (catalano; in questa forma è stato acquisito anche dal basco) derivati dal francese pistache (a sua volta dall'italiano pistacchio).

(continua nel prossimo articolo...)

Marco Miosi (antropologo culturale)


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