Dal suo presunto centro d'origine (a ovest dei monti Zagros?) la coltivazione di Pistacia vera si sarebbe espansa verso occidente assieme all'Impero Persiano e la prova indiretta starebbe nei prestiti linguistici delle lingue semitiche, quali appunto l'aramaico pestaq/pestqā/bystaq. In ebraico, ad esempio, non esisteva un termine specifico per indicare questa pianta e il nome adoperato nell'unico passo in cui viene citata nell'Antico Testamento (Genesi 43:11; uno dei frutti preziosi trasportati in Egitto dai figli di Giacobbe), è un "generico" bāṭənîm/botnim ("noci"): non a caso nell'ebraico moderno in mancanza di un termine "classico" la pianta viene indicata col termine fistuk che è un evidente prestito dall'arabo (più raro è il latinismo pistachio presente in forme simili anche nello yiddish). Attorno al X secolo a.C., si dice che la regina di Saba, durante la sua visita in Assiria, avesse preteso di monopolizzare il consumo della limitata coltivazione di questa Anacardiacea per il consumo esclusivo suo e dei favoriti della sua corte. Alberi di pistacchio erano anche piantati nei giardini del re Merodach-Baladan di Babilonia attorno all'VIII secolo a.C. e nel II secolo a.C. Nicandro trovò dei pistacchi a Susa, un villaggio nell'Iran sud-occidentale vicino all'attuale confine con l'Iraq. Nel I secolo a.C. Poseidonius rinvenne coltivazioni di pistacchi in Siria e questo portò all'erronea interpretazione degli scrittori dell'antichità greco-romana secondo i quali la regione siriana sarebbe l'area di origine della pianta in questione. In realtà, in quest'area si trovano delle specie affini quali la Pistacia palaestina (diffusa specie nella regione siro-palestinese) e la Pistacia atlantica (di più vasta diffusione: dalle coste dell'Oceano atlantico all'Iran), strettamente imparentati con il terebinto (Pistacia terebinthus, diffuso dalle isole Canarie alla Turchia occidentale passando per l'Italia) e in misura minore con il più piccolo lentisco (Pistacia lentiscus, diffuso in tutto il Mediterraneo fino all'Iran) e i cui semi, che sono però più piccoli dei veri pistacchi, venivano consumati fin dalla preistoria (e tuttora in alcune aree l'uso è continuato fino ad oggi). Tutte queste specie affini di Pistacia sono servite inoltre fin dall'antichità da resistentissimo portainnesto della Pistacia vera, permettendo così un miglior adattamento della pianta alle diverse sub-regioni climatiche e geologiche del Mediterraneo e del Vicino Oriente. Plinio il Vecchio scrisse nella sua "Naturalis historia" che la coltivazione del pistacchio venne introdotta in Italia alla fine del regno dell'imperatore Tiberio, tra il 20 ed il 30 d.C., da Lucio Vitellio, governatore della Siria (35 d.C.), e dall'Italia venne poi portata per la prima volta in Spagna da Flavius Pompeius, e, probabilmente nello stesso periodo, in altre regioni mediterranee dell'Europa meridionale, del Nord Africa e del Medio Oriente.
(continua nel prossimo articolo...)
Marco Miosi (antropologo culturale)