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05 dicembre 2011
"Miro e il falco": un racconto della tradizione giovinazzese con influenze slave

"C’è un «vojvoda» (principe) della provincia di Ecàtera, dal cui pollaio un falco feroce rapisce le più belle galline. Nessuno dei più bravi cacciatori riesce né a catturare e tanto meno a uccidere l’uccellaccio infernale. Un giorno egli riunisce i suoi «giduchi» (gli uomini più forti) e promette una preziosa collana di perle a colui che lo avrebbe liberato da quella bestiaccia. Il più giovane e il più bello dei «giudichi», di nome Miro, uccide il falco e lo porta dal vojvoda, il quale ammira la bestia che aveva un metro d’apertura d’ali e un becco come una lima d’acciaio. Miro chiede il premio e il vojvoda gli presenta una stupenda collana di perle; ma il giovane non vuole tante perle: ne vuole una sola, cioè «Boljarina», la figlia bellissima del vojvoda che egli ama e che proclama la perla più preziosa delle terre di Dalmazia; e il vojvoda acconsente e festeggia per otto giorni le nozze dei due innamorati."

Questa fiaba raccolta dal professor F. Babudri a Giovinazzo (in provincia di Bari) negli anni '50 testimonia dell'antico legame tra le due sponde dell'Adriatico. La fiaba in sé, si potrebbe definire la «reliquia» di un racconto forse in passato molto più ricco e articolato: ma quel ciò che risulta più interessante è la riproposta di un ambiente tipicamente slavo, ambiente col quale Giovinazzo intrattenne in pieno medioevo frequenti scambi. E perché la vicenda narrata risulti comprensibile occorre persino rifarsi alla lingua slava, da cui nel racconto di Giovinazzo si prendono in prestito vocaboli come «vojvoda» (principe), «hajduki» (eroe) e nomi propri come «Miro» e «Boljarina». Così le indicazioni dell’ambiente ci portano direttamente sulla costa dalmata: Ecàtera, infatti, è il nome medievale di Cattaro, una provincia slava i cui rapporti con Bari sono in più casi attestati da documenti medievali.

Marco Miosi (antropologo culturale)

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