Il mestiere dell’acquaiolo, il venditore girovago di acqua da bere, trovava sede nel cuore della Puglia siccitosa e povera d'acqua (priva com'è di fiumi), dove le esigenze idriche locali continuavano a rappresentare un problema quotidiano. Fino a circa 20 anni fa a Cerignola (FG), gli acquaioli passavano ogni giorno per le case, vendendo l'acqua contenuta in barili o in damigiane adagiate in ceste di vimini e trasportate su di un carretto trainato a mano o con l’aiuto di un paziente cavallo, asino o mulo. In genere l’acquisto avveniva direttamente dal balcone: la casalinga di turno, dopo essersi accordata sul prezzo, calava il cesto contenente i soldi e la fiaschetta da riempire. In tempi meno recenti, la presenza numerosa di questi venditori ambulanti nei vari Comuni comportò la necessità di disciplinare le loro fonti di rifornimento. Sempre a Cerignola, la familiarità con la figura dell’acquaiolo da parte della collettività ha riscontro in un proverbio coniato proprio su questo mestiere: «i ciucce se sciarrene e i vareile se sfasceno» (gli asini litigano e i barili si rompono - c’è chi subisce danni per colpa altrui), dove si fa riferimento alle lunghe attese per la distribuzione dell’acqua, in cui poteva capitare che muli o asini, innervositi dalla sosta per il rifornimento, litigassero fra loro generando lo scontro dei carretti.
Marco Miosi (antropologo culturale)