Attenzione

se stai leggendo questo testo significa che il tuo browser non supporta i fogli di stile (CSS). Se stai usando uno screen reader, prosegui con la navigazione, altrimenti segui le istruzioni su come aggiornare il tuo browser.
 
Header - Logo CIA

Ricerca

 

Area Riservata

 
 


Colonna Centrale: Contenuti

Percorso corrente:

Home Page frecciafrecciaDettaglio
30 marzo 2011
IL BASILICO TRA STORIA, SIMBOLOGIA E CULINARIA (Ia parte)

L'Ocimum basilicum, volgarmente noto come basilico, è una delle piante simbolo, assolutamente immancabili, della cucina mediterranea. Pochi sanno, però, che questa Lamiacea, nelle sue innumerevoli varietà (circa 160 cultivar note) e il genere Ocimum nel suo complesso (circa 35 specie di erbe e arbusti), ha un centro geografico di diversità nelle regioni tropicali e subtropicali dell'Africa e del Sudest asiatico (esistono specie del genere Ocimum anche in Centro e Sud America: ad esempio l’Ocimum micranthum, o basilico amazzonico, che viene adoperato nei rituali ayahuasca per il suo profumo che si dice aiuti ad evitare le visioni cattive), dove è pianta perenne, a differenza dei nostri climi nei quali si comporta da annuale. In Africa crescono spontanee diverse specie di Ocimum (ad esempio l’Ocimum gratissimum, l’Ocimum americanum e l’Ocimum kilimandscharicum), molte delle quali sono note probabilmente da tempi remoti e, secondo una leggenda locale, che vedremo operante anche nel Mediterraneo sin dalle epoche antiche, il basilico proteggerebbe contro gli scorpioni. Nel Congo centrale le foglie vengono adoperate per fare scongiuri e tenere lontani gli spiriti maligni. Più che l'Africa, però, vero centro di coltivazione, ibridazione e diffusione del basilico dev'essere considerata l'Asia, in particolare quella tropicale sud-orientale, dove è coltivato da più di 5000 anni: secondo molti studiosi in India vi sarebbero stati i primi tentativi di domesticazione di questa pianta. Altre specie di Ocimum, infatti, dal profumo più intenso di quello mediterraneo, sono diffuse in queste regioni: il più importante è l'Ocimum tenuiflorum (un tempo conosciuto come Ocimum sanctum), il basilico sacro, noto nella penisola indiana come tulsi in hindi (spesso anche come jangli tulsi, ovvero “basilico di foresta” per distinguerlo dall'Ocimum basilicum, chiamato ban tulsi), kali tulsi in urdu (letteralmente “basilico scuro”, facendo riferimento al colore rossastro delle sue foglie), tulasi in tamil e tulsichettu in telugu (tutti termini provenienti dal sanscrito tulasī che secondo molti significherebbe "la (pianta) impareggiabile"). In India sono coltivati due morfotipi, quella con le foglie verdi (Sri o Lakshmi tulsi) e quella dalle foglie rosso porpora (Krishna tulsi): entrambi emanano un’intensa e dolce fragranza simile alla canfora. Il tulsi è coltivato per scopi religiosi e medicinali, e per il suo olio essenziale.  In tutta l'Asia meridionale, in connessione con la medicina ayurvedica, è diffuso come pianta medicinale: il tulsi, di cui vengono adoperate le foglie, i fiori, gli steli, le radici e persino i semi, viene considerato sia come “elisir di lunga vita”, cioè promuoverebbe la longevità, e sia come adattogeno, cioè come bilanciatore dei diversi processi nel corpo e utile per l’adattamento allo stress; è inoltre adoperato dai medici “tradizionali” indiani come: espettorante, analgesico, antitumorale, antiasmatico, antiemetico, diaforetico (facilita la sudorazione), antidiabetico, epatoprotettivo, ipotensivo, ipolipidemico (riduce il colesterolo) e persino come antifecondativo. È indicato, secondo la medicina ayurvedica per varie forme patologiche: dai comuni raffreddori, febbre, mal di testa, disordini gastrici, infiammazione, fino alla bronchite, asma, dissenteria, diarrea, patologie dermatologiche, disturbi oculari (glaucoma, congiuntiviti, cataratta), febbre cronica, morsi d’insetto, artrite, patologie cardiache, a varie forme di avvelenamento, convulsioni, emorragia, e persino alla malaria. Tradizionalmente il tulsi viene assunto sia fresco, adoperando le foglioline, sia polverizzato secco, spesso bevuto in infuso (come il tea), oppure mescolato al ghee (il burro chiarificato della tradizione indiana). L’olio essenziale estratto dal Karpoora tulsi viene usato in gran parte per scopi medicinali e nella cosmetica erboristica, dove viene adoperato nei preparati per la pelle per via della sua azione antibatterica. Per secoli, le foglie secche del tulsi sono state mescolate al grano stoccato come repellente per gli insetti nocivi.

(continua nel prossimo articolo...)

Marco Miosi (antropologo culturale)

Notizie


I Nostri Partner:

CIA - Confederazione Italiana Agricoltori
-
-
CIHEAM - IAMB (apertura in una nuova finestra)
-
Codita (apertura in una nuova finestra)

Finanziatori:

Regione Puglia
spacer
Unione Europea
intervento cofinanziato dall'U.E. F.E.S.R. sul POR Puglia 2000-2006
Misura 6.2 POR Puglia
Azione C "Sviluppo delle imprese e delle professioni"
Valid HTML 4.01 Transitional 
-
Valid CSS! 
-
Level Triple-A conformance icon, W3C-WAI Web Content Accessibility Guidelines 1.0

-
Cia Puglia, Via S. Matarrese, 4 - 70124 Bari - Tel 080.5616025 Fax 080.5641379 COD. FISC. 80016260723 - info@scianet.it
www.scianet.it é una testata giornalistica on line iscritta nel Registro della Stampa del Tribunale di Bari al n° 37/07.
Direttore responsabile: Antonio Barile